Terzo trimestre: hai detto nesting?

Tra i fenomeni più tipici del terzo trimestre di gravidanza, al pari delle pipì frequenti e degli indurimenti della pancia, c’è il nesting.

Dall’inglese (che fa figo) “to nest” che significa proprio “fare nido”, “costruire il nido” questo termine fa riferimento alla tendenza che gran parte delle donne in attesa ha di preparare luoghi, condizioni e oggetti per accogliere il proprio bambino.

Le nostre nonne e mamme lo chiamano proprio “la sindrome del nido” e lo associano, con semplicità di termini, a quel preparare, predisporre, organizzare, riorganizzare tipico degli ultimi mesi di gestazione e delle settimane prima del parto.

Ma preparare e predisporre cosa?

Tutto!
Sì, proprio tutto.

Spazi, ambienti, stanze.
Oggetti, corredino, vestiti, pannolini, seggiolini.
Anche sé stesse, se dobbiamo dirla tutta.
Perché legato al nesting c’è anche la preparazione che ogni donna compie in un senso più profondo.
Magari iniziando a pensare alla nascita e raccogliendo nozioni sui luoghi in cui è possibile partorire. O iscrivendosi ad un corso per raccogliere informazioni aggiornate e fare rete con altre mamme in attesa.

Non è insolito vedere le donne verso il terzo trimestre incuriosite da ciò che avverrà.
Molte iniziano a leggere libri, a raccogliere in modo approfondito informazioni sull’epidurale, altre magari cercano studi e indicazioni per le tecniche non farmacologiche da usare in travaglio. Alcune si iscrivono ad un corso per gestanti in piscina, altre iniziano a sentire il bisogno di un appuntamento tutte le settimane con un’ostetrica per lavorare su corpo, cuore e mente in preparazione al parto e al dopo.

Insomma, nesting è dunque fare nido. Ed è, in senso decisamente ampio.
E’ un disporre e preparare il bagaglio per la nascita.
Che, nonostante quel che si pensa non è solo di natura materiale, ma tutto può comprendere: dalle informazioni all’occorrente, passando per strategie, cura di sé, oggetti e stanze, apertura emotiva e altro.

Perché avviene?

E’ tutta colpa loro, ancora!
Sono gli ormoni.
Che ci piaccia o no siamo mammiferi e siamo guidati da dinamiche neurovegetative e ormonali che influenzano il nostro comportamento.
Non lo sapevate?
Gli ormoni non hanno effetto solo sul corpo e sulle risposte fisiologiche/biochimiche/funzionali del nostro organismo.
Esplicano effetti visibilissimi anche sulla psiche, sul comportamento, sui bisogni, sull’emotività, sull’affettività di ogni essere umano.

Prolattina e ossitocina, i soggetti in questione quando parliamo di nesting, sono molto presenti nel terzo trimestre e sempre di più verso il termine di gravidanza.
Esercitano importanti funzioni sulla dinamica psico-emotiva e comportamentale della mamma per renderla pronta all’evento del parto e alle fasi successive.
Preparare, predisporre e nidificare sono proprio una conseguenza di questa combo ormonale. La necessità di organizzare attorno a sé idem.
Per poter partorire fisiologicamente e positivamente la mente e il corpo della donna devono essere a proprio agio. Sapere che tutto è pronto mette dunque il corpo e la mente della donna in una condizione maggiormente favorevole.

Spesso nemmeno ci rendiamo conto e negli ultimi tempi facciamo tutto, dal prendere appuntamento dal parrucchiere, al pulire a fondo casa dicendoci “meglio ora che dopo”, oppure giustificando con “e chi avrà più tempo poi?”.
La tendenza a sistemare tanto noi stesse quanto quello che abbiamo attorno è davvero un forte bisogno che ci aiuta a sentirci a posto.
In poche parole: pronte a vivere il processo della nascita con più facilità, consapevoli che il resto ha una sua collocazione (più o meno!).

Ultime cose, ma non meno importanti sono quelle che riguardano la sfera emotiva: prolattina e ossitocina oltre a regolare i processi di nesting sono responsabili della preparazione materna alla relazione, predispongono all’accudimento, favoriscono l’amore e l’affettività tipica del dopo parto, guidano quella tendenza materna volta al prendersi cura, alimentano la dimensione empatica.

E dunque: nesting sia!
E’ tutta salute.
Buon Nido a tutte le mamme!

L’ossitocina: funzioni fisiche e funzioni psico-emotive

L’ossitocina è un ormone e neurotrasmettitore coinvolto in numerosissimi processi della nostra vita.
Comunemente associato alla nascita e alle contrazioni uterine, è tuttavia prodotta dal nostro organismo molto più frequentemente di quello che pensiamo e svolge un gran numero di funzioni, sia sul corpo, sia sulla mente.

E’ chiamata “l’ormone dell’amore” ed è definito un “ormone timido”.
Viene infatti prodotta solo ed esclusivamente quando il corpo e la mente sono in pace o in stato di rilassamento, quando ci si sente a proprio agio, al sicuro.

Come tutti gli ormoni non è implicato solo in fenomeni fisici: l’ossitocina ha un grandissimo numero di effetti sul comportamento e sulla sfera psico emotiva.

E’ responsabile dell’atteggiamento accuditivo delle madri e dei padri, favorisce le dinamiche di relazione, il senso di protezione, i comportamenti di conciliazione e unione.
Sempre si trova coinvolta nell’innamoramento e nelle sensazioni di profondo affetto.
Presente in travaglio, al parto e nelle due ore dopo il parto, sia per le funzioni biologiche che esplica sia per la sua capacità di favorire il legame mamma/bambino.
Interviene nell’allattamento e nelle situazioni di cure amorevoli.
E’ l’ormone prodotto durante i baci appassionati, durante l’eccitazione sessuale e l’orgasmo. Interviene nelle sensazioni di benessere di corpo e mente:
Ad esempio? L’abbraccio di una persona cara, un massaggio rilassante, l’assaggio di una buona torta, l’accarezzare il proprio gatto.

In gravidanza

Durante la gravidanza l’ossitocina inizia ad essere prodotta molto presto, ma non provoca contrazioni (non prima della 28/30esima settimana circa). Questo accade perché a livello uterino i recettori per l’ossitocina sono pochi e immaturi e quindi non compare la funzione contratti
Il suo compito è prevalentemente sul piano psico-emotivo: collabora con gli estrogeni al fine di rendere la donna più empatica e aperta da un punto di vista emozionale. Predispone infatti all’accudimento, alla relazione con il bambino e favorisce il senso di protezione.

In travaglio e al parto

Nel travaglio e nel parto l’ossitocina ha un ruolo fondamentale: genera le onde contrattili necessarie alla dilatazione della cervice uterina e alla spinta propulsiva del parto.
Ma non solo: anche qui il suo obiettivo e favorire l’apertura (simbolicamente fisica ed emotiva) che porterà la mamma ad accogliere il suo piccolo.
Se non è disturbato il travaglio sarà efficace e sopportabile, la madre non si sentirà sola o in balia delle sensazioni dolorose. Avrà anzi sempre chiaro quanto sia profonda ed efficace la collaborazione con il suo bambino nel grande lavoro che sta compiendo.

Nel post partum

Il post partum è quella fase che corrisponde alle due ore immediatamente successive al parto.
E’ un periodo di adattamento tanto per la mamma quanto per il bimbo e, soprattutto, è per entrambi un momento di incontro e di avvio della relazione fuori dal pancione.
In questa fase l’ossitocina viene secreta in quantità addirittura maggiori rispetto al parto e gioca un ruolo importantissimo per la salute. Provocando infatti ulteriori contrazioni nella muscolatura uterina fa si che la placenta si possa staccare e fuoriuscire dal corpo materno. Al contempo, sempre attraverso le contrazioni, aiuta l’utero a perdere meno sangue, facendo emostasi e prevenendo l’emorragia post-partum.
Agisce inoltre in collaborazione con la prolattina sulla ghiandola mammaria favorendo produzione ed emissione di latte.


Da un punto di vista comportamentale e psicoemotivo l’ossitocina è proprio in questa fase che determina l’innamoramento della mamma verso il suo bambino, favorendo l’attaccamento e l’affetto profondo. L’ossitocina, se accompagnata da buone dosi di endorfine (tipiche nella nascita dolce e rispettata) porterà la donna verso sensazioni di soddisfazione, appagamento, profondo benessere.
Per il post partum è importante sapere che solo il contatto pelle a pelle è in grado di favorire abbondante produzione di ossitocina.
Mamma e bambino non devono, infatti, essere separati. Stare tranquilli, al caldo, nudi e in un posto sicuro a godersi il primo incontro è un diritto e una scelta di salute.
E come fare con misurazioni, pesata e visita pediatrica? Se tutto va bene si può assolutamente aspettare!

In allattamento

Come già citato, in allattamento l’ossitocina aiuta la fuoriuscita del latte dai dotti mammari. Legandosi alla muscolatora dei dotti crea una piccola contrazioni di questi che causerà l’emissione del latte dal capezzolo
Rispetto la dinamica relazionale l’ossitocina in allattamento è capace di stimolare nella mamma il senso di protezione, la capacità di comprendere i segnali del piccolo e di rispondere ai suoi bisogni. Favorisce infatti tutte le dinamiche di cure amorevoli e sostiene il legame di attaccamento.

Nella sessualità

L’ossitocina è uno degli ormoni maggiormente prodotti nella sessualità
Secreta in grandi quantità nelle fasi di eccitamento, è favorita dai baci appassionati, dagli abbracci, dal toccare.
Durante l’orgasmo femminile è responsabile delle contrazioni ritmiche di utero, vagina e perineo e collabora con le endorfine nel dare l’appagamento immediatamente successivo.

E’ importante, prendendo in esame la sessualità, notare come l’ossitocina “lavora” e sempre e solo se ci si sente al sicuro, sereni e rilassati.
L’eccitazione e l’orgasmo non sarebbero possibili senza sensazioni di benessere e tranquillità. Ma non solo: processi e meccanismi simili sono osservabili anche al parto o in allattamento.
Ricordiamoci infatti che, essendo l’ossitocina un ormone timido e legato a dinamiche relazionali, non può essere prodotta se l’ambiente circostante o lo stato emotivo/interiore della persona portano nella direzione dello stress, dell’agitazione, della paura, della vergogna, del disagio.

E l’ossitocina sintetica?

Il farmaco è uguale all’ormone prodotto dal corpo?
La risposta è no!
Se al parto o nel post-partum viene somministrata ossitocina sintetica si possono avere effetti sul corpo (vedi ad esempio le contrazioni indotte in travaglio) ma non ci sarà effetto alcuno sulla sfera psico-emotiva. L’ossitocina endogena (ossia quella prodotta dal corpo) svolge infatti funzioni comportamentali e psicoemotive perché la molecola ha la capacità di agire sul cervello (attraversando una barriera di protezione chiamata ematoencefalica). Questa capacità non appartiene alla molecola del farmaco.

In conclusione?
Nulla da aggiungere.
W l’ossitocina, l’ormone delle magie del cuore! ❤️

Per un’esperienza di parto positiva

Il parto è un evento intenso e importante per una donna, per il suo bambino e per chiunque le stia vicino.

È una rivoluzione potente e profonda in cui si mettono in gioco tante risorse personali, emotive, fisiche, esperienziali e molto altro.
Affinché la nascita sia positiva è necessaria (come in tutto nella vita) una buona dose di fortuna.
Ma, non è l’unico ingrediente della ricetta! Può sembrare sciocco, ma la nascita non dipende solo dal caso, dal destino, dalla fortuna, da cosa capita quel giorno o dalla congiunzione astrale di quel momento.
Esiste infatti la possibilità di prepararsi e predisporre tutta una serie di elementi che possono aiutare e facilitare l’esperienza.

  • Scegliere il luogo
    Il luogo della nascita è un elemento di fondamentale importanza.
    Ogni donna, previa informazione approfondita (e non per sentito dire o leggendo sui forum e nemmeno per vicinanza geografica!) deve poter scegliere la soluzione in cui pensa di poter avere il parto che desidera.
    Ospedale? Casa maternità? Casa propria? Le possibilità sono varie e per tutti i gusti!
    A parità di sicurezza ogni luogo citato ha dei pro e dei contro e può proporre alcune soluzioni mentre non ne contempla altre.
    Importante è ricordare che il luogo che si sceglie deve garantire libertà, contenimento, attenzione ai bisogni, rispetto e cura (inteso come “prendersi cura”). Il parto infatti per le implicazioni ormonali e biologiche da cui è caratterizzato è un evento molto simile al fare l’amore. Esatto, avete capito bene: FARE L’AMORE! E sapete perché?
    1. perché gli ormoni coinvolti sono esattamente gli stessi (ossitocina, endorfine, catecolamine..).
    2. perché come per fare l’amore, anche nella nascita è necessario abbandonarsi alle sensazioni corporee e “disconnettere” la parte razionale della mente. 3. perché tanto la sessualità quanto il parto hanno bisogno di calore, accoglienza, libertà e non giudizio. E purtroppo in assenza di questi requisiti il rischio è che gli ormoni non riescano a “lavorare” come dovrebbero, a discapito dell’esperienza percepita.
    Pertanto ogni luogo che ospita la nascita dovrebbe essere per prima cosa INTIMO.
    E al contempo TRANQUILLO, ACCOGLIENTE, NON GIUDICANTE, NON DISTURBANTE e così via!
    Consiglio per tutte le donne: informatevi bene, guardate quali sono le possibilità esistenti e scegliete il luogo che vi sembra possieda queste caratteristiche!
  • Scegliere le persone
    Per un buon parto è fondamentale che la donna abbia accanto chi desidera, chi la fa sentire sicura, chi la fa sentire a suo agio.
    La funzione ormonale non è influenzata solo dal luogo, ma allo stesso modo dalle persone presenti.
    Ritornando al concetto di prima: sarebbe possibile fare l’amore con luci puntate e occhi che fissano, persone che entrano ed escono dalla stanza, mani guantate che sistemano sul corpo sonde e fili?
    La risposta credo sia NO! La nascita allo stesso modo è resa più difficile se vigono queste condizioni di disturbo e di poca privacy.
    Servono di contro cura, riservatezza, rispetto. Mariti/compagni, sorelle, amiche, ostetriche di fiducia, ostetriche ospedaliere: chiunque sia presente ha il dovere di muoversi in punta di piedi e con estrema delicatezza, custodendo e proteggendo quel che sta avvenendo, curando l’ambiente (spegnere luci, chiudere porte, limitare le interferenze ecc..), aiutando la madre nella gestione della contrazioni con massaggi, impacchi, sostegno fisico, coccole, vicinanza affettiva ed emotiva.
    Consiglio numero 2: pretendete ciò!
  • Preparare e prepararsi Preparare il parto significa comprendere le dinamiche che lo influenzano, informarsi in modo completo e approfondito su cosa aiuta e cosa interferisce, capire quali possibilità di nascita esistono, scegliere ciò che si avvicina al proprio modo di essere o che è nelle proprie corde, scrivere un piano del parto su cui mettere nero su bianco le proprie richieste e necessità.
    Prepararsi è invece avere fiducia in sé, scoprire o riscoprire le proprie competenze di donna e le proprie personali risorse, mettersi in comunicazione e in relazione con il proprio bambino, conoscere quali sono le sue competenze in gravidanza e al parto, parlare con il proprio compagno o con chi sarà presente alla nascita circa le proprie volontà e desideri, farsi accompagnare se serve in un percorso che aiuti a superare paure o dubbi.
    A volte esser seguiti da un’ostetrica durante la gravidanza o frequentare un corso preparto sono già ottime possibilità per preparare e prepararsi.
    Consiglio numero 3: non lasciate al caso, chiedete, chiamate, cercate, leggete. E se serve, scegliete una figura di riferimento che vi potenzi, che vi rinforzi, che vi aiuti a trovare fiducia, che vi faccia sentire protagoniste e al centro delle vostro percorso nascita.

E per concludere con una citazione in cui credo molto: “Un parto positivo rivela alla donna la sua forzaIl Parto Positivo

Quando si supera la data presunta del parto

Le preoccupazioni, i dubbi, i pensieri che affiorano quando si superano le fatidiche 40 settimane.
Parliamone un po’. Sfatiamo qualche mito!

 

Di recente ho ricevuto messaggi di questo tipo. Ve ne riporto fedelmente uno:
Ciao Martina, sono quasi a 40 settimane e ciccio pare stare benissimo qua dentro! Inizio a sentire ansia da scadenza del tempo! Cosa posso fare? Non ti nascondo che temo l’induzione delle 41+ qualche giorno. E non vorrei arrivarci! Consigli?

Partiamo dall’inizio, provo a spiegarmi:

1. Mia cara, non c’è alcuna scadenza.
Non sei uno yogurt, né uno stracchino (cit.).
Quella che hanno calcolato ad inizio gravidanza è solo la data PRESUNTA. E in quanto presunta, non preoccuparti, il tuo piccolo ha ancora tempo per decidere di affacciarsi al mondo.
La gravidanza è considerata a termine dalle 37 alle 42 settimane, per cui, vale per tutte, non allarmatevi!
I bimbi lo sanno!

2. Mi rendo conto possa essere difficile. La pancia che pesa, la schiena a volte dolente, i movimenti meno agili, la difficoltà a fare cose semplici come infilarsi le scarpe, il fiato corto dopo una rampa di scale. E poi la tanta voglia di vedere la creaturina. Ma fosse solo questo! Talvolta si arriva alla data presunta del parto e le persone attorno, seppur in chiara e ovvia buonafede, anziché capire e lasciare spazio, tempo, agio se ne escono con frasi tipo “MA NON HAI ANCORA PARTORITO?”, “MA CE L’HAI ANCORA LI’?” indicando la pancia increduli!
Ebbene mamma, sii paziente. Resisti. Istruisci il tuo compagno o qualche persona fidata affinché con garbo ma decisione possa rispondere al tuo posto. Oppure ignora. E’ sempre una mossa intelligente!

3. E’ direttamente collegato al punto 2, mi raccomando, cerca di mantenerti calma, serena, fiduciosa.
Da un punto di vista biologico gli ormoni e i neurotrasmettitori che intervengono affinché il travaglio parta e proceda sono prodotti solo se la mamma è tranquilla, rilassata, fiduciosa e vive uno stato di benessere generale. Di contro, le sostanze che il corpo produce in risposta a stimoli stressanti o a situazioni che portano ansia, preoccupazione, angoscia possono fungere da inibizione al naturale processo di avvio del travaglio.
Quindi, regalati pure attività, situazioni, momenti che ti generano piacere e rilassamento.
Una passeggiata, una torta, una cena romantica, un pomeriggio con un’amica, due ore di shopping, un massaggio rilassante, un bel libro, musica gradita, una mattinata dalla parrucchiera o dall’estetista (immediatamente dopo il parto magari sarà difficile andarci) e così via! Ognuna, in base ai suoi gusti vada cercando le strategie per vivere giornate piacevoli.

4. Se sei un po’ stanca e ti senti pronta puoi provare a domandare anche un aiutino al partner!
I rapporti sessuali infatti, possono essere utili come modalità naturale per avviare le prime modificazioni del collo uterino e quindi poi, magari, anche le contrazioni uterine.
Ovviamente funzionano solo ed esclusivamente se la mamma e il suo piccolo sono pronti, ossia se vi sono tutte le condizioni affinché il travaglio possa partire e procedere.

5. Diffida di chi ti dice di camminare e camminare, fare scale e fare scale.
No, non è corretto. Mantenere uno stile di vita attivo e dinamico sì, ma esagerare con attività che non piacciono o che stressano possono portare l’effetto contrario secondo i principi descritti al punto 3.
Quindi, preferire passeggiate all’aperto, magari in compagnia di qualcuno con cui trascorrere volentieri del tempo, per un numero di minuti che il corpo tollera bene, senza affaticarti in modo eccessivo.

6. Se ci fosse possibilità e tempo potrebbe tornare utile un trattamento osteopatico così da riequilibrare l’organismo ed aiutare a togliere eventuali blocchi, sia meccanici (legamenti poco flessibili, articolazioni poco morbide, compressioni o rigidità eventuali a livello del bacino o del torace ecc ecc..) ma anche energetici.
Simile effetto benefico si può riscontrare con sedute di agopuntura o di digitopressione, ovviamente sempre eseguiti da professionisti competenti e abituati a lavorare sul corpo della donna in gravidanza.

7.Sicuramente un aiuto grandioso ed efficacissimo è dato da te stessa!
Provare a considerare quel tempo in più prima del parto come una possibilità e non come una tortura può rendere tutto più facile.
Gli ultimi giorni possono essere impiegati per finire di prepararsi, pensare a come gestire il proprio travaglio, riordinare le idee riguardo ciò che può servire per una positiva esperienza di nascita, concedersi qualche coccola extra, fare cose che non si potranno fare per qualche tempo dopo il parto, crearsi uno schema delle strategie che possono essere d’aiuto nelle settimane a venire e così via.
Ricorda mamma, è il tuo bambino che decide quando nascere, è lui che sceglie quando è il momento adatto per attivare in te il travaglio.
Ed è sempre lui che in questi ultimi giorni ti sta lasciando il tempo e lo spazio per allenarti e per sperimentare quelle doti che nei giorni dopo la nascita torneranno utilissime.
Ossia…Calma, Attesa, Pazienza, Fiducia.
Concediglielo, conceditelo!

 

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Il viaggio del neonato: la nascita da un’altra prospettiva

La nascita.
Da un mondo accogliente, caldo, piacevole, senza fame e senza sete, senza bisogni o necessità.
Da uno spazio ovattato in cui i suoni sono presenti, ma attutiti. Dove le luci assieme alle ombre lo avvolgono morbide.
Da un luogo così arriva il neonato.

La dolce culla materna è il luogo in cui il piccolo vive per il periodo che solo lui decide.
Costantemente, è mosso dolcemente dal dondolio dei movimenti, ninnato dai suoni del corpo materno, massaggiato dall’utero che lo avvolge.
Finché un giorno, la sua permanenza nell’accogliente nido diventa forse un pochino più movimentata del solito.
La sua casa di pace inizia a muoversi attorno a lui, inizia a stringersi attorno al suo corpo.
Le onde dell’utero lo massaggiano, dapprima con un tocco lieve e via via con ritmo ed energia.
Il luogo che lo ha cullato, dondolato, riscaldato, protetto, nutrito e visto crescere inizia con calma e pazienza a salutarlo.

E non è mica facile. Il nostro piccolo comprende e accetta che sia il momento di andare, ma la strada per la nascita è impegnativa!
L’utero materno che si stringe attorno a lui lo sospinge con dolce fermezza verso il nuovo mondo.
Con fiducia e con impegno lo accompagna come a dirgli: “Va, ora puoi farcela!”.

Il cammino non è breve ed è un po’ tortuoso. Quante curve e giri e rotazioni deve fare per avanzare. Quanto impegno e dedizione!
“Quante cose interessanti ho visto in questo viaggio!”

Alla fine, dopo lo sforzo finale, eccolo!
In tutta la sua potente dolcezza. Nella sua tenera forma.

Il bimbo con la nascita si lascia alle spalle la vita che conosce, i rumori famigliari, le sensazioni note al suo corpo e alla sua mente.
L’ingresso nel nuovo mondo è per lui faticoso.
Non conosce quella cosa attraverso cui l’aria entra nel naso e gli percorre tutta l’area del petto fino ad arrivare nei polmoni.
Respirare? Lo chiamano così qui! Mai fatto prima d’ora!
Avverte poi un po’ di freddo. “Ma…cos’è questa nuova cosa? Aria? Dov’è l’acqua che avevo attorno? Forse si stava meglio là, ripensandoci!

Quante nuove sensazioni lo travolgono!
I confini attorno a lui scompaiono, quell’utero morbido che faceva da culla ha ceduto il posto allo spazio, aperto e infinito.
Apre le braccia, ma non tocca nulla, non sente nulla.
Dove sono finito?”, pensa spaventato.
Gli manca il margine, gli manca quel rassicurante limite attorno al corpo che lo faccia sentire contenuto.

E poi le luci, i suoni, i rumori. Gli stimoli sono forti. Sono diretti. Sono travolgenti.
Vorrei aprire gli occhi! Non so se ci riesco!

Ma presto un paio di voci note: “Vi conosco!
Ed una.. una in particolare è meravigliosa!
E’ lei, ne sono sicuro. E’ la mamma! Quante volte l’ho sentita mentre parlava, o cantava per me!

La madre allunga le braccia e il piccolo subito riconosce la mano, riconosce il tocco caldo e sicuro attorno al suo corpo.
La sensazione di benessere è immediata.

Il profumo di mamma lo invade.
Appoggiato al suo petto avverte quel suono ritmico e infinito, quel cuore pulsante e fiero che scandiva il tempo.
E’ quel battito che sentivo nell’altro mondo!

Il corpo della mamma profumato e caldo lo rilassa.
Finché un altro odore famigliare arriva alle narici del neonato.
Assomiglia molto al liquido che mi avvolgeva nella pancia! Sarà mai possibile? Da dove viene?
Curioso apre gli occhi e con pazienza si dirige verso l’origine, verso il seno materno.
Quel luogo di morbidezza e calore gli pare di conoscerlo da sempre.
Affondandovi il viso ritrova la pace dell’utero: il liquido caldo che la soffice sorgente offre è conforto e ristoro per il piccolo.
Quindi questo significa bere e mangiare? Pensavo fosse più facile!

E da quella prospettiva si perde per la prima volta negli occhi della mamma.
Ma allora sei proprio tu? Che bello vederti! Che bello affondare i miei occhi nei tuoi occhi! La nascita non è poi così male!

Lentmente la calma lo invade, la stanchezza del viaggio si fa sentire, sempre più pesante, sempre più presente.
Su quel suo corpo nuovo ma conosciuto, tra quelle braccia accoglienti ma robuste il piccolo, appena arrivato, si abbandona.
Forse ora capisco: sei tu il mio mondo, mamma!

 

In che modo si può partorire?

Le posizioni del parto

Nell’immaginario collettivo la posizione in cui la donna partorisce è quella ginecologica, detta anche litotomica. Anni e anni di racconti, immagini, libri illustrati, film portano senza dubbio a pensare che la posizione del parto sia quella sdraiata, con le gambe all’aria, le mani ben aggrappate a delle maniglie, il mento sullo sterno e possibilmente il respiro trattenuto.

Niente di più sbagliato!!

La posizione in cui la donna può partorire è sempre e solo quella che preferisce, quella in cui sta più comoda, in cui percepisce meglio il proprio corpo e le sensazioni correlate.

Numerosissimi studi dimostrano che se la donna è lasciata libera di muoversi, di cambiare posizione, di sperimentare e di trovare la modalità a lei adatta, il travaglio è più veloce, più facilmente gestibile e con esiti migliori per lei stessa e per il suo bambino.
Le contrazioni, infatti, con il movimento e i cambi di posizione, possono essere più intense ed efficaci con frequente e considerevole riduzione dei tempi del travaglio, ma al contempo la sensazione associata può essere meno dolorosa.

Inoltre, la donna che si è potuta muovere con libertà e che ha potuto decidere cosa fare, percepisce di aver avuto un ruolo attivo e protagonista, con ottimi esiti anche nella rielaborazione dell’evento nascita.

Dondolii, oscillazioni, movimenti rotatori, piccoli piegamenti, spostamenti dolci e ritmici del corpo, delle gambe, del bacino, del busto sono sempre utili e spesso graditissimi nella gestione delle sensazioni del travaglio.

Allo stesso modo durante il parto, ossia nel cosiddetto periodo espulsivo, la donna deve essere lasciata libera di decidere in che posizione assecondare le spinte e partorire, sotto la guida del suo corpo e delle sue sensazioni.
Non esiste una posizione corretta, non esiste una posizione più efficace: ogni donna, se libera di fare, trova la sua.
Importante è, tuttavia, se la mamma lo richiede, aiutarla e condurla nella scoperta delle varie opzioni possibili.
In piedi, accovacciata, sdraiata su un fianco, a carponi, aggrappata ad un supporto, appoggiata con le mani al muro, abbracciata al compagno, seduta su una palla, in ginocchio, semiseduta… Le possibilità e le varianti di ognuna sono così numerose che ogni donna può inventare e sperimentare!

Ad oggi si sa che l’unica posizione concettualmente errata per travagliare e partorire è quella ginecologica.
I motivi? Sono numerosi!
Per prima, cosa rimanendo a lungo supine il ritorno venoso non è favorito: l’utero con il suo peso può comprimere la vena cava, struttura che porta il sangue dalla periferia del corpo verso il cuore e che passa proprio posteriormente rispetto l’utero. In questo modo, se il flusso non è agevolato nel suo passaggio, l’irrorazione sia della madre, sia del bambino possono risentirne.
Inoltre, la staticità dello stare a letto non aiuta quei movimenti di gambe, busto e bacino importanti per il travaglio.
Va anche considerato che durante il parto avere le gambe all’aria e quindi la mancanza di appoggio sotto ai piedi non favoriscono la capacità di spingere della donna.
La posizione litotomica, come è evidente, non sfrutta la gravità, poiché il canale del parto, a quel modo, non è direzionato verso il basso ma verso l’alto.
Va ricordato che il neonato durante il suo passaggio verso il mondo deve compiere movimenti e rotazioni che gli consentono di adattarsi alla struttura del bacino e avanzare senza ostacoli. Un aiuto che gli si può offrire è quello di sfruttare il potere della gravità, cosa che stando sdraiate con le gambe alzate ovviamente non si verifica.

Importantissima da considerare, è anche la capacità mobile del bacino: seppur se lo si immagini spesso un blocco unico, il bacino è invece una struttura complessa formata da diverse ossa (pube, ileo, ischio) che prende rapporti con altre strutture complesse (osso sacro, coccige, femori) e numerosissime articolazioni.
Durante la gravidanza per effetto degli ormoni, le articolazioni del bacino si fanno ancora più morbide ed elastiche, consentendogli di acquisire ancor più mobilità rispetto la condizione pregravidica.
Al parto, la grandissima abilità di questa meravigliosa struttura è quindi quella di muoversi, spostarsi, aumentare e diminuire i suoi diametri in base alle necessità della madre e del bambino.
Se si costringe la donna a letto o alla staticità, i movimenti e spostamenti delle parti del bacino non si possono verificare efficacemente, che si può tradurre, per dirne alcuni, con un passaggio meno agevole per il feto nel canale osseo, una maggior difficoltà della madre nell’accompagnare la discesa del suo piccolo, un aumento delle tempistiche del travaglio e del parto.

La mamma deve avere la possibilità di sperimentare, decidere, provare, cambiare, ritentare, trovare la sua modalità. E in alcun modo andrebbe ostacolata. 

Il parto è un momento fondamentale e determinante per le vite della donna e del bambino. La nascita è per il piccolo una base per la sua futura affettività, la sua futura capacità sociale e ha altre molteplici implicazioni.
La maternità, seppur per numerose donne inizi molto prima della gravidanza, getta importanti basi e grosse radici al momento del parto.
Lasciare alla donna la libertà di scegliere, la possibilità di ascoltarsi, consentirle di essere, assieme al suo bambino e a chi la accompagna, la protagonista dell’evento nascita, ha benefici a breve e a lungo termine su di lei, sul piccolo e sulla famiglia.

La donna sa partorire.
Il suo corpo può parlarle, può guidarla, può dirle cosa è meglio.
E’ mamma. Puo’ farlo.

 

 


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